Auguriamo alle sorelle del nuovo Consiglio della Provincia “Beata Vergine del Rosario” (Italia), eletto 21 agosto 2020 dal V Capitolo Provinciale, di vivere il servizio che le attende nei prossimi 4 anni guardando a “Gesù che sta in mezzo ai suoi come Colui che serve. … Lui che ha esercitato l’autorità che gli veniva dal Padre, come potere di far crescere la vita” (Cf. Costituzioni n. 132).

 

Congratulazioni a (da sinistra a destra) Sr. Cinzia Vennari, Priora Provinciale,

Sr. Paola de Luca, Sr. Stefania Lucchesi, Sr. Viviana Ballarin (Vicaria) e Sr. Lara Morelli.

 

“Abbiamo faticato tutta la notte…ma sulla Tua Parola getterò le reti”

(Luca 5, 5)

È la Parola guida per il V Capitolo della Provincia d'Italia "Beata Vergine del Rosario" che si sta svolgendo a Roma Montemario dal 17 al 28 agosto 2020. 

Ma che cos'è un Capitolo? E che cos’è una Provincia?

Una Provincia è un insieme delle comunità della Congregazione situate in un territorio definito, in questo caso l'Italia.

E il Capitolo è un’assemblea che esprime la corresponsabilità delle suore nella ricerca del Bene comune... che è espressione della volontà di Dio per ciascuna e per tutte. Vi partecipano alcune sorelle delegate, elette secondo procedure che consentono a tutte le suore della Provincia di scegliere chi le rappresenterà.

Il Capitolo provinciale è convocato dalla Priora provinciale ordinariamente ogni 4 anni e ha il compito di:

  • Verificare il cammino della Provincia durante il quadriennio;
  • Individuare nuove linee operative per la vita apostolica della Provincia stessa sulla base delle indicazioni date dal Capitolo generale, della realtà in cui siamo immerse che interpella e grida e in conformità al carisma della nostra Famiglia religiosa;
  • Analizzare i problemi ed eventuali proposte presentate dalle comunità;
  • Eleggere i nuovi membri del Consiglio di Provincia: la Priora provinciale e le sue assistenti.

“... Sulla Tua Parola getterò le reti!” - ci dicono le sorelle capitolari, ossia: fidandoci di Te cercheremo di dare tutto per continuare la Tua missione oggi laddove ci chiami - “questo ci hanno insegnato a fare Domenico, Caterina e M. Gerine ... e di questo desideriamo fare esperienza in questi giorni. Vi chiediamo di accompagnarci con la preghiera!”

Buon Capitolo, sorelle!

 

E’ possibile seguire il “racconto” del Capitolo e alcuni momenti in diretta sulla pagina Facebook della Provincia: 

https://www.facebook.com/domenicanesc

 

Lettera Circolare della Priora generale

Solennità del S. Padre Domenico

08.08.2020

 

Carissime sorelle e laiche/i associati,

in occasione della solennità del nostro S. Padre, l’anno scorso abbiamo meditato sul modo di ASCOLTARE di Domenico, ascolto delle persone e delle situazioni del mondo, dei luoghi dove capitava, e abbiamo approfondito come fosse attento a tutto quello che succedeva per capire a che cosa il Signore lo chiamasse. 

Quest’anno vorrei che ci fermassimo a riflettere insieme sul modo di “CONTAGIARE” di Domenico! In questi mesi, purtroppo, tutti, e in tutto il mondo, abbiamo imparato bene che cosa sia il contagio, la trasmissione di un virus. Il coronavirus si è rivelato e si rivela purtroppo terribile, procurando tanta sofferenza e morte; tutto questo è negativo, tremendo, presente anche ora, specialmente in alcuni Paesi del mondo. 

Esiste però anche un “contagio” positivo, bello, efficace, una trasmissione di vita!

Intendo il “contagio” che, con altri termini molto più sereni e gioiosi, è chiamato TESTIMONIANZA, fascino, attrazione. 

Il nostro S. Padre Domenico, in questo senso era un uomo molto “contagioso”, era un testimone autentico di Gesù e del Suo Vangelo di amore. Il beato Giordano di Sassonia, scrive di lui: “Egli accoglieva ogni uomo nel grande seno della carità e, poiché amava tutti, tutti lo amavano. Si era fatto una legge personale di rallegrarsi con le persone felici e di piangere con coloro che piangevano … si attirava facilmente l’amore di tutti … Appena lo conoscevano, tutti cominciavano a volergli bene … la semplicità del suo agire lo rendeva a tutti carissimo”

Sempre il B. Giordano ne offre poi un ritratto completo nel testo di una famosa preghiera indirizzata al Santo: “Infiammato dello zelo di Dio e di ardore soprannaturale, per la tua carità senza confini e il fervore dello spirito veemente, ti sei consacrato tutt’intero col voto della povertà perpetua all’osservanza apostolica e alla predicazione evangelica”.  

I testi del processo di canonizzazione affermano: “Domenico era molto umile, era benigno, sobrio, affabile, benevolo, consolatore dei frati e di tutti”.

Con queste brevi citazioni, voglio semplicemente riaffermare che Domenico non ha mai chiesto a chi lo avvicinava di seguirlo, di unirsi a lui, di fare gruppo con lui, no: Domenico ha avuto compagni, compagne, è stato seguito ed è seguito da secoli perché “contagia”, perché suscita attrazione con il suo modo di vivere, con la sua testimonianza di intensa comunione con il Signore, di amore ai fratelli, di annuncio della Verità. 

 

Il S. Papa Paolo VI ha affermato nella Evangelii nuntiandi al n. 41: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» Se ai nostri giorni questo è particolarmente vero, possiamo però ugualmente dire che è sempre stato così fin dall’inizio del cristianesimo. 

Domenico, con i suoi studi e la sua preparazione umanistica, dottrinale, biblica, è stato nell’intera sua vita prima di tutto UN TESTIMONE.

La sua vita è testimonianza, quando ancora studente a Palencia, in un tempo di particolare carestia, che ci rimanda in modo forte alla situazione del coronavirus di oggi, vende i suoi preziosi manoscritti e “istituisce un locale di elemosina” per procurare cibo e cose necessarie ai poveri; altri studenti e professori “contagiati” dal suo esempio, lo seguono facendo lo stesso.  

La sua vita è testimonianza di vero sacerdote quando il Vescovo di Osma, Martin de Bazan, posa gli occhi su di lui; egli vuole rinnovare spiritualmente il clero della sua diocesi e concepisce un progetto di “vita in comune” con i suoi sacerdoti. Tra questi vuole Domenico, perché ne ha compreso la coerenza evangelica che potrà “contagiare” gli altri.

La sua vita è testimonianza quando ad Osma, dove vive per 12 anni, si dedica ai poveri, ai malati, agli emarginati, e passa la notte in preghiera. 

La sua vita è testimonianza quando il Vescovo Diego de Acebes sceglie lui, per la sua prudenza e semplicità, come compagno nella missione diplomatica in Danimarca affidatagli dal Re di Castiglia

Alfonso VIII. 

La sua vita è testimonianza con il suo vivere da povero quando nel sud della Francia per anni rimane solo a Fanjeaux tra i catari annunciando e predicando la Verità anche col rischio di essere ucciso. 

La sua vita è testimonianza quando le donne nobili convertite dal catarismo a Prouille si rifugiano presso di lui, perché percepiscono che la sua accoglienza è autentica, caritatevole, e si possono fidare completamente di lui. E così per “contagio” nasce il primo monastero femminile dell’Ordine. 

La sua vita è testimonianza quando alcuni giovani si affiancano a lui a Tolosa per stare con lui e per vivere come vive lui, annunciando Gesù Verità. Sorge così per “contagio” la prima comunità dell’Ordine domenicano.  

La sua vita è testimonianza quando egli, nei numerosi viaggi, percorre chilometri e chilometri sempre a piedi, vive di elemosina, e chiede ai compagni di viaggio di lasciarlo solo per poter pregare

e stare col Suo Signore. 

La sua vita è testimonianza quando nelle notti di preghiera, come qualche confratello riferisce, ha presente tutta l’umanità e soprattutto invoca, piange, supplica per i peccatori. 

 

La sua vita è testimonianza quando, con il suo modo di vivere, insegna ai suoi frati come essere veri contemplativi e predicatori. 

La sua vita è testimonianza quando contempla l’Amore del Cristo crocefisso o si immerge profondamente nell’ascolto di Gesù Parola.  

La sua vita è testimonianza quando accoglie tutti quelli che si rivolgono a lui per qualsiasi bisogno spirituale, materiale, fino a ottenere miracoli grazie alla sua intensa fiducia nel Signore Gesù, amante di ogni essere umano. 

La sua vita è testimonianza fino alla fine quando, malato, chiede di essere riportato in convento dal luogo più salubre dove era stato condotto sulle colline di Bologna, perché vuole essere sepolto soltanto sotto i piedi dei suoi frati. 

Dopo questo breve excursus sulla vita “contagiosa” di Domenico, mi piace citare P. D’Amato nel testo “Il progetto di S. Domenico”: “La testimonianza di una vita in tutto conforme al messaggio evangelico per il domenicano è una conseguenza diretta della sua vita di contemplazione ed è condizione assoluta della fecondità della sua azione apostolica” (pag. 31). E P. Timothy Radcliffe nella Lettera “La Promessa di vita” afferma: “Domenico era un predicatore con tutto il suo essere”

Quindi essere testimoni, essere “contagiosi”, come lo fu Domenico nostro Padre, è per noi domenicane/i indispensabile, perché solo così riveliamo la nostra autentica vocazione. 

Allora preghiamo insieme: 

Caro Santo Padre Domenico, rendici donne/uomini che, con la vita, testimoniano, come hai fatto tu, la fiducia nell’amore di Dio per l’umanità, la fede nella forza della Parola, la volontà di annunciare sempre la Verità, l’amore per tutti, la semplicità e la povertà, la serenità e la gioia, perché anche noi possiamo “contagiare” chi avviciniamo e tutti coloro che Dio mette sul nostro cammino. Amen!

Carissime/i nella comunione, nella gratitudine per il nostro splendido carisma e nella gioia di poter celebrare il nostro amato Padre Domenico, a tutti di cuore auguro Buona Festa e abbraccio ciascuna/o.

 

Sr. M. Elvira Bonacorsi

Priora generale 

 

"Scoprire insieme cammini nuovi per dire ad ogni donna e ad ogni uomo che sono amati da Dio" (Costituzioni n. 10)

Suore e Laici,

accogliamo con gratitudine il dono elargito a Madre Gérine, già Terziaria domenicana, 

di contemplare e rivelare il volto materno della Misericordia del Padre che in Gesù libera e salva;

lo esprimiamo insieme, attraverso la nostra missione

rivolta a tutte le forme di debolezza o di miseria che sfigurano l’uomo.

Convinti che nella piccolezza, nel “meno che niente” (secondo un'espressione della fondatrice),

sta la forza di Dio,

 camminiamo nella semplicità della vita di ogni giorno, sulle orme di Santa Caterina, indicataci da Madre Gérine come modello, nel solco tracciato da San Domenico. 

Una storia sorprendente

La nostra storia nasce dal cuore di Catherine-Gérine Fabre, una giovane donna francese vissuta nel XIX secolo.

Fin dall’infanzia Catherine-Gérine nutre un profondo amore per San Domenico e sull’esempio di Santa Caterina coltiva dentro di sé quel mistero d’amore che la porterà a consacrare tutta la sua vita al servizio di coloro che vivono nella precarietà e nel bisogno. Nel desiderio di rispondere all’amore con l’amore, fa suo l’insegnamento di S. Caterina: “Quell’utilità che non possiamo fare a Dio, dobbiamo farla al prossimo perché è condizione dell’amore amare tutte quelle cose che sono amate dalla persona amata”.

Abitata da questo desiderio, Gérine Fabre si impegna a condividerlo anche con altre compagne. In un primo momento entra a far parte del Terz’Ordine Domenicano; in seguito, fonda - nel sud della Francia - una nuova Congregazione religiosa che nella sua vita e nella sua missione esprima il carisma domenicano, secondo la mente, il cuore, l’esempio di S. Caterina da Siena.

Nel giro di pochi anni le comunità si moltiplicano e Madre Gérine, con l’audacia che è propria di tutti coloro che si affidano unicamente a Dio, invia le sue sorelle in Italia, in Uruguay e in Argentina.

La Famiglia religiosa da lei fondata però, per motivazioni storiche,  nel 1879 si divide in due Congregazioni autonome, fino a ricongiungersi nel 2005 in un’unica Famiglia, secondo il cuore della fondatrice. E dal tronco è nato anche un nuovo germoglio, una modalità diversa di vivere il carisma domenicano di Madre Gérine: quella propria dei laici. E’ un dono che il Signore sta facendo alla nostra Famiglia religiosa: scoprire che il carisma di Madre Gérine è dato anche a fratelli e sorelle che lo vivono nella specificità della vita laicale. Percorriamo questo nuovo cammino nei quattro continenti in cui siamo presenti, annunciando insieme all’uomo di oggi, bisognoso di verità e di amore, la Misericordia del Padre. 

 

La Costituzione fondamentale

 

1.

Il desiderio di salvezza del Padre per l’umanità, rivelato da Gesù con la sua Incarnazione, raggiunge il cuore di Madre Gérine Fabre, terziaria domenicana, facendolo traboccare di una vita che, per l’azione dello Spirito, si manifesta in compassione verso tutti.

2.

Contagiate dalla stessa passione di vita, ben presto alcune donne si uniscono a lei per condividere la sua missione di misericordia. Nasce così nel Sud della Francia, verso la metà del XIX secolo, la Famiglia religiosa fondata da Madre Gérine; da Albi, casa madre, essa arriva ad estendersi nel mondo.

3.

Figlie di Madre Gérine, assumiamo con fiduciosa speranza la nostra storia, segnata da un lungo tempo di separazione in due Congregazioni e sfociata in una nuova Famiglia religiosa, approvata dalla Santa Sede con il decreto di unione del 14 giugno 2005.

Questa nostra storia è annuncio che l’unità, desiderio ardente di Gesù, è possibile.

4.

Contemplando la Vergine della Pietà, Madre Gérine accoglie il carisma di manifestare il volto materno della misericordia del Padre e lo incarna sulle orme di Santa Caterina da Siena, nel solco tracciato

da San Domenico.

Con mani sempre tese verso ogni forma di debolezza e di miseria, ella dona fino in fondo la sua vita, affinché ognuno conosca che è amato da Dio Verità, che libera e salva.

5.

Domenicane di S. Caterina da Siena, come lei partecipiamo alla grazia di S. Domenico che volle una Famiglia totalmente dedita alla predicazione della Verità per la salvezza dei fratelli. È lei che Madre Gérine ci ha indicato come madre e maestra, affinché ne imitiamo la tenerezza e l’audacia nella carità.

6.

Radicate nella Chiesa e inserite nel mondo come Domenico, Caterina e Madre Gérine, noi prolunghiamo nell’oggi il loro ardente desiderio di contemplare e annunciare la misericordia del Padre.

Nella contemplazione del mistero dell’Incarnazione, viviamo la compassione di Cristo verso l’uomo, soprattutto quando in lui il volto di Dio è sfigurato.

Mendicanti della misericordia del Padre, andiamo dove la Parola ci chiama per essere annunciata. Diveniamo così serve della Parola che umanizza ed evangelizza ogni realtà, trasfigurandola.

7.

La vita degli apostoli riuniti attorno a Gesù e da Lui inviati a predicare ispira il nostro modo di vivere.

“Riunite in comunità, con un cuor solo e un’anima sola in Dio" (Regola di Sant'Agostino), in uno stile semplice e accogliente, siamo chiamate a divenire nel mondo artigiane di fraternità e di comunione.

Contempliamo la Verità, ricercata nello studio sapiente, riconosciuta negli avvenimenti della storia, celebrata nella liturgia, affinché la nostra vita plasmata da essa divenga annuncio di Gesù Salvatore.

Con la predicazione della Parola di Dio e le opere di misericordia, particolarmente l’opera educativo - sanitaria, ci prendiamo cura della persona  promuovendo la sua dignità di figlio di Dio.

8.

La ricerca del Bene comune si esprime nello stile di governo a cui tutte responsabilmente partecipiamo.

9.

Il dono di compassione di Madre Gérine si esprime oggi in diverse vocazioni, innestate nella comune grazia del Battesimo.

Noi suore ,  attraverso la consacrazione religiosa, professiamo voti pubblici di obbedienza, castità e povertà, nella gioia di appartenere a Dio per la salvezza dei fratelli.

I laici associati, e coloro che in altre forme sono aggregati , esprimono nella specificità della propria vocazione l’unico carisma.

10.

Lo Spirito ci provoca oggi a scoprire insieme, nella Chiesa, cammini nuovi da percorrere per dire ad ogni donna e ad ogni uomo che sono amati da Dio.

 11.

Nel presente della storia della salvezza ci è compagna e guida nel cammino Maria, Madre di misericordia. Come lei, la Vergine della Pietà, accogliamo tra le braccia il Cristo presente nei fratelli che incontriamo, per i quali offriamo la vita.

 

Affiliate all'Ordine Domenicano,

seguiamo la regola di Sant'Agostino

che San Domenico ha scelto per i suoi.

Commento alle Costituzioni

Luglio 2020

 

 

COSTITUZIONI  n. 49:  “Il «santo desiderio» è orazione continua, che permea tutta la nostra vita e sgorga in lode e adorazione. 

Perseverare nella preghiera, presenza gratuita e amante, ci fa dimorare – come Caterina – nella «cella interiore», ci apre all’azione trasformante dello Spirito e ci rende contemplative nella missione”. 

 

Continuiamo, seguendo le Costituzioni, a riflettere sui nostri modelli di preghiera. Non è facile spiegare questo numero in breve spazio, perché le espressioni tipicamente cateriniane che vi sono, riassumono tutta la dottrina e l’anima di Caterina, ma spero che più o meno tutte noi sappiamo che cosa intende Caterina in particolare per santo desiderio” e per “cella interiore”. Vediamo di dire qualcosa!

Il “desiderio” cateriniano è da considerare solo e unicamente nella relazione di Dio con la creatura e della creatura con Dio, perciò è definito “santo”. Questo desiderio non ha il suo inizio nella creatura, bensì in Dio. Infatti la Trinità Santa è desiderio/Amore: il Padre ama/desidera il Figlio, il Figlio ama/desidera il Padre e da questo amore/desiderio reciproco procede lo Spirito Santo che ama/desidera il Padre e il Figlio ed è amato/desiderato da loro. Dio, la Trinità Santa a sua volta desidera la creatura umana, vuole che sia salva e felice, perché la ama.

Noi creature, scoprendo questo amore/desiderio che Dio ha per noi, sentendoci amate/desiderate, a nostra volta amiamo Dio, aneliamo a Dio, nasce in noi il desiderio di Dio. Il santo desiderio, che è amore ricevuto da Dio e anelante a Dio, ci fa entrare così nell’infinito dell’abisso d’Amore della Trinità.  

Tenendo presente che cosa intende Caterina per santo desiderio si può comprendere il significato profondo della prima frase del numero 49: “Il «santo desiderio» è orazione continua, che permea tutta la nostra vita e sgorga in lode e adorazione”. Il desiderio ricevuto da Dio e anelante a Dio è orazione continua, perché ci fa rimanere in relazione continua con Dio e quindi impregna, permea tutta la nostra vita e si esprime in lode, adorazione, ringraziamento, e possiamo aggiungere tutte le altre espressioni della preghiera!

Intesa, considerata come “presenza gratuita e amante”, presenza del Signore a noi e di noi al Signore, in modo gratuito e amante, non come una recita di orazioni o di formule, la preghiera coltivata continuamente e con perseveranza opera tre effetti:

1. ci fa dimorare – come Caterina – nella «cella interiore»  

2. ci apre all’azione trasformante dello Spirito 

3. ci rende contemplative nella missione.   

 

Quando Caterina si taglia i capelli per dimostrare chiaramente che non vuole sposarsi, in casa si scatena la guerra contro di lei e tra “le punizioni” che le danno c’è la privazione della sua camera, dove poteva pregare quanto voleva. E allora lei, pur in mezzo alle faccende della giornata, continua a rimanere nel suo intimo in relazione col Signore. Ancora più, quando il Signore decide di inviarla come sua ambasciatrice alle varie persone che Lui le indicherà, facendole così abbandonare lo stile di continuo ritiro in preghiera, lei si costruisce “la cella interiore” dove, secondo l’invito del Signore, rimarrà sempre, anche “sul campo di battaglia”. Praticamente rimanere nella “cella interiore” è per Caterina la perseveranza nel vivere costantemente la relazione amorosa, ininterrotta, con il Signore, è il costante spirito di preghiera, di unione con Lui, che fa dimorare tenacemente in essa. 

Il restare in questa persistente intimità certamente cambia il cuore e come altra conseguenza fa sì che l’anima si apra allo Spirito, che opera in noi. E’ Lui che ci trasforma secondo il volere del Signore, che ci fa diventare quello che il Signore desidera, vuole per ognuna di noi.

E rimanere così sempre unite al Signore ci rende contemplative nell’azione, nell’agire quotidiano, nelle varie attività che la missione ci chiede.  

Caterina ci è stata data da Madre Gérine come modello: «Non guardate a me, guardiamo insieme a Caterina» ripeteva. Imitare nella preghiera Caterina vuol quindi dire vivere, per grazia, il desiderio continuo del Signore Gesù, una relazione forte, amante, con Lui in modo che ogni momento della vita, ogni aspetto sia impregnato di questo amore, ogni attività sia vissuta con Lui! Qualcuno ha detto che il segreto dei Santi è nello scoprirsi “pazzamente amati”, come direbbe appunto Caterina.

Caterina grande e splendida, ottienici la grazia di scoprire che siamo ardentemente desiderate dalla Trinità Santa cosicché questo accorgerci di essere amate intensamente, susciti in noi un forte amoroso desiderio del Tuo “Gesù dolce, Gesù Amore”; tienici con te nella “cella interiore”, in modo che, come Te, possiamo essere in continua orazione, e contemplative in ogni momento della nostra vita, in tutto quello che facciamo. Amen!

 

Sr. M. Elvira Bonacorsi 

Giugno 2020

 

COSTITUZIONI  n. 48:  “La nostra preghiera, ricerca ardente del volto di Dio, abitata dalla molteplicità dei volti incontrati nel quotidiano e interpellata dalle differenti situazioni, prolunga nel tempo l’intercessione di Domenico «a cui è stata data una grazia speciale di preghiera per i peccatori, i poveri, gli afflitti»”. 

 

Dopo averci fatto riflettere sulla preghiera di Gesù nel n. 47, le Costituzioni ci presentano i modelli di preghiera secondo il nostro carisma: Domenico, Caterina, Madre Gérine nei numeri 48, 49, 50. Questa volta ci fermiamo a S. Domenico, a Luglio contempleremo S. Caterina, mentre  Madre Gérine l’abbiamo già considerata nel Novembre 2014.

Iniziamo dalla seconda parte del numero, in particolare prendendo in considerazione quello che afferma il Beato Giordano di Sassonia (cfr. Cost. nota 15), quando nel Libellus descrive il modo di pregare di S. Domenico. Egli afferma che «a Domenico è stata data una grazia speciale di preghiera per i peccatori, i poveri, gli afflitti»

Questo ci fa riflettere, perché può succedere che consideriamo la preghiera come una supplica per noi stessi, un chiedere quello che a me serve, quello che io desidero. E invece qui ci viene presentata la maniera di pregare di Domenico che nella grazia speciale ricevuta non chiede nulla per se stesso; nella sua preghiera sono presenti i più bisognosi: “i peccatori, i poveri, gli afflitti”. 

Sono presenti i peccatori, che hanno bisogno di riscoprire l’amore del Signore, di incontrarlo nuovamente nella sua misericordia; dalle deposizioni per la sua beatificazione si legge che chi spiava Domenico orante durante la notte, spesso lo sentiva gemere: «Che ne sarà dei peccatori?!». 

Sono presenti i poveri, le persone cioè che mancano del necessario per vivere sia spiritualmente che materialmente; pensiamo come sia attento al bene spirituale dei fratelli, di quell’albergatore cataro di Tolosa, per esempio, con cui passa tutta la notte per fargli scoprire la Verità! Ricordiamo come prova mirabile della sua attenzione ai bisognosi il fatto che Domenico da giovane studente a Palencia vende i suoi libri, le sue preziose pergamene per dare, col ricavato, cibo ai poveri. 

Sono presenti gli afflitti, tutti quelli che soffrono per differenti motivazioni della vita; citiamo ad esempio quella madre di Roma, che non avendo potuto fare nulla per salvare il suo bimbo, quando lo vede morto, corre disperata da Domenico, e lui partecipa pienamente a questa sofferenza fino ad ottenere con fede sicura dal Signore la risurrezione del bimbo.

Tutti i numerosi volti, tutte le molte situazioni dei peccatori, dei poveri, degli afflitti che Domenico ha incontrato ogni giorno della sua vita, nel suo camminare di predicatore, abitano la sua preghiera, diventano intercessione forte, intensa, prolungata, anche e specialmente durante la notte.  

Questa è la preghiera di Domenico e noi, sue figlie, siamo chiamate a prolungare nel tempo, nell’oggi della storia, tale sua intercessione: “La nostra preghiera … prolunga nel tempo l’intercessione di Domenico” afferma il numero. 

E’ molto forte quel “prolunga”, perché non è un comando, non è un invito, è una affermazione, quasi a dire che la nostra preghiera è così, ha questa modalità, non ne ha altre. 

Nella prima parte del numero si parla della nostra preghiera con tre espressioni che vogliono essere il nostro modo per imitare la preghiera di Domenico. 

“La nostra preghiera, ricerca ardente del volto di Dio”. Prima di tutto quando preghiamo vogliamo essere in relazione con Dio, che è Padre, desideriamo scoprire il Suo volto, per cui lo cerchiamo con amore, con ardore. “La ricerca ardente del volto di Dio” era certamente una modalità della preghiera di Domenico, che spesso chiedeva ai fratelli lungo il cammino, di rimanere in silenzio per pensare al Signore. Tale relazione con Dio, tale ricerca del Suo volto, non avviene solo tra me e Dio, no, è abitata. 

Bellissimo questo termine, perché “abitare” indica una presenza continua, una familiarità, proprio come avviene tra le persone che abitano insieme, in una stessa casa. La nostra preghiera è “abitata dalla molteplicità dei volti incontrati nel quotidiano”.

E’ anche “interpellata dalle differenti situazioni” di cui veniamo a conoscenza. Tutti i volti incontrati nel nostro vivere, nel nostro operare, giorno dopo giorno, tutte le situazioni di vario tipo, di cui siamo consapevoli, abitano la nostra preghiera e la interpellano, cioè chiedono di essere considerate. 

Quando preghiamo abbiamo con noi tutta l’umanità, le persone e le situazioni che fanno parte del nostro vivere giornaliero, tutto quello che conosciamo attraverso i giornali, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione. La nostra preghiera è missionaria, aperta al mondo, come appunto lo era quella di Domenico. 

Se è autentica, essa veramente “prolunga nel tempo l’intercessione di Domenico”. E’ una preghiera che, iniziata con lui nostro Padre, non finisce, è resa attuale da noi oggi, non deve mai terminare! 

Che Domenico ci ottenga la grazia, come sue figlie, di vivere veramente la preghiera col cuore aperto a tutti, portando al cuore di Dio tutta l’umanità, ogni volto che incontriamo, ogni situazione che conosciamo. Amen!

 

Sr. M. Elvira Bonacorsi